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Febbraio 2017 

 

Il coraggio del risveglio: la via del Cuore

 

La pungente esortazione lanciata da Anthony De Mello alla fine della storiella del mese precedente - “dovete svegliarvi e improvvisamente vi renderete conto che la realtà non è problematica: il problema siete voi" - mi ha incoraggiato a trattare in questa rubrìca il seducente tema del risveglio dell'essere umano, perno fondamentale di qualunque tradizione religiosa o laica.

 

Molti parlano di pace, ma pochi si impegnano per trovarla e conservarla.

Tutti parlano delle guerre come eventi esecrabili; ognuno ha il proprio piano, la propria teoria risolutrice e ognuno è del parere che non si facciano le cose come si dovrebbero fare per risolvere i conflitti armati; ognuno pensa che “egli” potrebbe fare meglio, mentre tutti gli altri sbagliano.

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Se esiste una cosa difficile da vivere, quella è il ricordarsi di sé stessi. Ricordarsi di sé quando si parla, quando si pensa o si osserva, quando prendiamo delle iniziative, camminando per strada da soli o in compagnia.

Se qualcuno mi chiedesse se posso ricordarmi di me stessa, sicuramente risponderei: “si, lo posso fare”.

Se quella stessa persona che mi ha fatto la domanda, mi rispondesse: “no, non puoi ricordarti di te stessa” sicuramente mi irriterei e forse subito dopo, mi assalirebbe lo sconforto.

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E' possibile arrestare le guerre?

Certamente si, basterebbe che la gente si svegliasse. Sembra facile!!! e invece è la cosa più difficile perché le condizioni propizie al risveglio, attorno a noi e dentro di noi, sono nel torpore e nel caso delle guerre, questo è lo scenario: milioni di addormentati si sforzano di distruggere milioni di altri addormentati.

L'affermare che stiamo dormendo anche se siamo svegli, l'idea del sonno non è nuova.

E' presente nei Vangeli: “Svegliatevi, vegliate, non dormite” e ancora, i discepoli del Cristo, mentre pregava per l'ultima volta nel Giardino dei Getsemani, dormivano.

 

Questa idea può essere irritante per qualcuno. Anche se colto e ragionevole, il principale ostacolo sulla via della consapevolezza di sé è, che crede di possederla.

Ma questo è compreso?

E' necessario imparare a essere svegli nello stato conscio (il conscio si riferisce a tutto quello che è stato assorbito, assimilato, coltivato dopo la nascita; ciò che è stato imposto dalla società, il conformarsi con gli altri, il conformarsi ai capricci dell'io, i successi e i fallimenti, l'immagine che ciascuno ha creato di sé, chiamiamolo anche “l'agente operativo”)

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Ma che scuola è, questa?

E' urgente il risveglio.

Ma come svegliarsi? Come sfuggire al sonno?

Queste sono le domande più importanti, le più vitali. Ma prima di porsele è utile convincersi che si sta dormendo, perché solo così ci si sveglierebbe; l'essere umano è creato per questo scopo; può diventare un essere cosciente di sé, può vivere nell'armonia senza creare disordini a livello fisico o psicologico in sé o negli altri. Ma nasce fra gente addormentata e a sua volta, cade nel sonno proprio nel momento in cui dovrebbe cominciare a prendere coscienza.

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La pratica yoga

Asana – pranayama – meditazione, rispettivamente, lo sforzo, il coraggio, la fiducia

Assieme al modus operandi dell'agente operativo che permea tutte le cellule del nostro corpo, è presente anche un'altra intelligenza. Essa opera attraverso l'aspirazione alla libertà, l'anelito dell'immortalità, l'aspirazione all'amore, all'essere amati, all'amicizia. Questa intelligenza, questa condizione mentale è fatta di un'energia estremamente positiva e dinamica che ha poco in comune con il modus operandi abituale. Per emergere essa ha bisogno di un'autodisciplina prolungata e di un'attenzione austera, di sforzi di tipo costruttivo in grado di organizzare sia il corpo, sia la vita quotidiana: è ciò che si racchiude nel termine tapas degli Yoga Sutra di Patanjali.

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Asana: la pratica

Ma partiamo da quello che un praticante di yoga sperimenta sul proprio tappetino fin dalla prima lezione yoga: un'esperienza posturale, i così detti asana.

Riprendo un passaggio della rubrìca di aprile 2016 (https://www.centroyogamaya.it/aprile-2016):

"... asana è ben di più di una semplice posizione fisica. È il luogo di apprendimento circa la nostra natura... nella pratica di asana non è il movimento che libera, bensì la qualità della relazione che abbiamo con esso.

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Dal punto di vista fisico gli esercizi o asana purificano, disciplinano. E' possibile che per avere questi risultati e il perfetto dominio di un asana sia necessario passare attraverso esperienze comportanti dolore e sofferenza. Non equivochiamo sui termini “dolore” e “sofferenza”.

Per esempio a un corpo pigro oppure troppo volitivo, a una mente sempre distratta o troppo rigida, al sistema (mentale, nervoso, sensoriale eccetera) si deve offrire l'opportunità di sperimentarsi in modo nuovo e in una condizione diversa da quella a cui corpo e mente sono assuefatti.

Con la giusta pazienza che ci rende coraggiosi, con l'addestramento che ci apre alla fiducia, col necessario lievito del desiderio per raggiungere l'obiettivo, scopriamo di poter “fare” e “agire” anche senza la solita dispersione o reattività, senza la paura di non riuscire e soprattutto l'impossibile diventa possibile nell'esperienza di asana. Si scoprono spazi di presenza e stabilità in sé stessi e nel contempo si è consapevoli dei limiti e delle potenzialità del corpo.

Asana, a questo punto, non è qualche cosa che si fa, è uno stato del corpo in cui si è, uno stato della mente radicata nel cuore.

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Su più fronti la pratica yoga ci educa all'apertura dello spazio del cuore: attraverso gli asana specifici che donano elasticità alla colonna vertebrale e in particolare al dorso; attraverso il pranayama, regno del soffio o psyché (anima) da psychein (soffiare, respirare), che prepara al silenzio; attraverso la meditazione che predispone il cuore, gli occhi al sentire, al vedere le cose come sono.

 

Al seminario yoga di domenica 19 febbraio 2017 la parte pratica/esperienziale è dedicata a focalizzare l'attenzione sul “qui e ora” attraverso posture che preparano il dorso a una percezione specifica e piena di sensibilità. Sono posture definite “eroiche” in cui stabilità e tenerezza si sposano e la rigidezza fugge via.

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Dal vocabolario della lingua italiana

Sfogliando lo Zingarelli, alla parola coraggio si legge: dal latino coraticum, da cor, cuore. Forza morale che mette in grado di intraprendere grandi cose e affrontare le difficoltà e pericoli di ogni genere con piena responsabilità – ardimento – eroismo.

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Alla parola sforzo si legge: impegno di forza straordinaria, fisica o psichica, fatto nell'intento di raggiungere lo scopo dato.

 

Alla parola fiducia si legge: dal verbo latino fidere, porre fiducia.

 

C'è qualche relazione fra queste parole?

Certamente si! C'è la speranza fiduciosa e possibile di prospettare una più ampia umanità, una più ampia e più universale sintonizzazione fra le differenti forme di maturità umana, sollecitando forme nuove, attenzioni nuove in funzione di un adeguamento maggiore alle diversità e al continuo cambiamento delle situazioni ordinarie della vita.

Il paradosso più elevato e facilmente equivocabile, è questo: l'uomo d'azione, l'uomo che si protende alla maturità e fioritura del suo “essere attivo” può raggiungere questo traguardo attraverso la passività, attraverso il suo saper diventare ricettivo, accogliente, disponibile ai valori del Cuore.

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Seminario yoga di domenica 19 febbraio 2017:

YOGA ASANA: le posture dello hatha yoga che educano al coraggio. La Via del Cuore

 

Molte grazie, Silvia Caleffi

 

 

 

 

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