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Giugno 2016

LO YOGA, IL DENARO, LA RELAZIONE INSEGNANTE/ALLIEVO  

Idee per perplessi (prima parte)

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Lo yoga ha cominciato a diffondersi in Europoa e negli Stati Uniti circa un secolo fa con l'arrivo di grandi maestri indiani in occidente che portarono nel mondo occidentale, travagliato da guerre e rovesciamenti socio-politici, questa antica disciplina spirituale.

Oggigiorno sono milioni coloro che si avvicinano allo yoga.

Si può considerare un fenomeno imponente in continua diffusione destinato a diventare una delle tante componenti della nostra vita.

C'è chi lo utilizza per combattere lo stress, per curarsi “in modo naturale” o per rafforzare il sistema immunitario, c'è chi lo pratica molto seriamente per ottenere l'emancipazione dalla sofferenza del vivere, dalla malattia.

 

Eppure le scuole classiche di yoga rischiano di chiudere ma soprattutto ciò che rischia di scomparire è lo yoga stesso.

 

Se oggi sfogliamo le riviste di salute e fitness, possiamo trovare decine e decine di differenti forme di yoga dai nomi attraenti, bizzarri e ad effetto, dai tratti esoterici ed elitari ai corsi dozzinali e di massa propagandati mediante DVD: “lo yoga a portata di tutti”.

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Titolo piccolo

Chi bussa alla porta?

Nell'infinita galassia dello yoga contemporaneo, il futuro praticante, colui che ha l'intenzione di provarlo, deve cominciare a misurarsi con il fatto che oggigiorno lo yoga è trattato come una merce fra tante disposte sugli scaffali del mercato globale del benessere e della spiritualità. Dovrebbe anche cominciare a riflettere sulla responsabilità personale nei confronti di ciò che acquista.

Di contro, dal punto di vista degli insegnanti, buoni e cattivi maestri che siano, essi sono tenuti insieme dal riferimento comune, “lo yoga”.

Questa è una parola chiave, una specie di passe-partout vincente che fornisce loro la possibilità di fare discorsi diversi e di decidere quale definizione privilegiare come etichetta del “proprio yoga”.

Anche gli insegnanti dovrebbero fare i conti con il fatto di essere divisi al loro interno visto che nella loro categoria ci sono sia quelli che non tollerano la facile propensione a ridurre a una moda di tendenza, sia quelli che non mostrano alcun problema nell'adattare, mixare, modificare “a la carte” l'antica disciplina.

 

Ma se lo Yoga Classico era una disciplina ascetica, elitaria, studiata per ottenere “moksha” (la liberazione, il distacco dai legami con il mondo) allora come si concilia con lo yoga comunicativo, simpatico, quello per tutti, lo yoga liberale?

 

Cosa significa insegnare, oggi?

Con molta cautela e rispetto, sarà buona cosa parlare di “tradizione” per comprendere i discorsi sullo yoga contemporaneo e più precisamente ci dobbiamo soffermare sul modo in cui avvengono “le traduzioni delle tradizioni”.

Lo yoga fa originariamente parte di una tradizione definita SMRTI (conoscenza sacra, ciò che è già, ricordata di generazione in generazione) e di una rivelazione detta SRUTI (conoscenza sacra udita in illo tempore e trasmessa oralmente “così com'è” dalla casta dei Brahamani; capacità di ascoltare la “parola divina”).

Questo vuol dire che se il futuro praticante di yoga vuole aderire a questi assiomi, deve fare un atto di fede, si deve offrire ad una forma di credenza religiosa; la situazione per il neofita, diventa piuttosto impegnativa e allora potrebbe molto rapidamente chiedersi: è migliore lo yoga di ieri o quello di oggi?

 

Ritorno su questo punto con la prossima rubrìca di luglio.

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In ogni caso chiunque voglia confrontarsi con argomenti attinenti allo yoga non può non tenere conto delle logiche di mercato: domanda e offerta

                                                                                                                                  … …l'argomento  continua con la rubrìca di luglio2016

                                                                                                                                    

Grazie per lettura, Silvia Caleffi

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