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LA NOZIONE DI SFORZO 

 

La nozione di sforzo è centrale nella pratica dello yoga e si ripropone a praticanti di ogni livello di esperienza: dagli studenti principianti ai più esperti nella pratica.

 

Chiavi di lettura

Per la maggior parte delle persone la parola sforzo evoca fatica, sudore, sofferenza e tutta una serie di circostanze fastidiose che è meglio evitare. Oppure, come avviene nella società attuale, si insegna presto ai bambini ad essere più bravi del compagno di banco, a vincere, a diventare qualcuno; si valorizza lo sforzo personale per far lievitare quelle capacità e intenzioni che serviranno in futuro per ciò che egli dovrà diventare, anziché puntare su ciò che egli è.

I bambini hanno un approccio sperimentale.

Non sono interessati al fatto che quello che fanno rappresenti qualche cosa nel mondo, ma piuttosto al piacere di vedere la traccia di un colore lasciata dal pastello, o di vedere qualche strana forma che viene fuori dalle mani impregnate di argilla.

Questo tipo di piacere non è appreso.

Man mano che il bimbo va avanti negli anni appare la manifestazione di una certa rigidezza di approccio, una ridotta e condizionata libertà di espressione. Ogni movente crea un'inibizione e nasconde nella propria ombra una paura, quella del fallimento, di non poter riuscire. Dunque bisogna equipaggiarsi: tenerezza e duttilità ci saranno di aiuto per liberare molte energie latenti, muscolari, nervose, ghiandolari, cerebrali e non cerebrali che erano trattenute, imbrigliate dalla rigidezza della coscienza dell'io.

                                                                                                                                   Prezioso sforzo della natura minerale

Al di là dell'imitazione 

Di tanto in tanto qualche persona va al di là del formalismo.

Quella di "apprendimento delle regole" è solo una prima fase: in essa la persona impara molto bene le regole tanto che ogni sua azione, ogni sua scelta personale possono sembrare naturali in apparenza, mentre in realtà si tratta di una naturalezza derivata da una grammatica comportamentale e gestuale ben interiorizzata. Ancora si imita l'azione di un artista, di un maestro, di un “capo”. A questa fase può e deve seguire quella della "conoscenza intuitiva".

 

Uscire dal proprio guscio individuale

Qualche persona va al di là del rassicurante e illusorio formalismo e diventa un individuo agente: anziché vivere sull'esperienza personale, sui propri interessi, porta sempre di più l'attenzione sull'intero genere umano. Ma per uscire dal guscio quella persona ha fatto uno sforzo di considerevole portata, un capovolgimento totale

Ogni volta che si cerca di invertire dei processi che sono dei meccanismi di base, quando si ritiene che sia il momento di uscire dal guscio, si producono resistenze di vario genere. Esse provengono dall'esterno, dagli altri, dagli eventi, ma non solo, sono anche dentro di noi stessi. Ecco allora la necessità di uno sforzo: il cambiamento è in funzione dello sforzo.

Nasce una buona domanda: come realizzare questo sforzo? La risposta è secca: fiducia, gentilezza, dedizione, perseveranza per non arrendersi a ciò che è troppo evidente.

Altra domanda: perchè proprio io dovrei essere così ingenua da andare in giro senza la maschera?

 

Asana

Quando sperimentiamo le posizioni yoga o altri esercizi, in loro c'è già tutto questo; o almeno ci dovrebbero essere!

Asana è ben di più di una semplice posizione fisica. È il luogo di apprendimento circa la nostra natura; ma può succedere invece che scopriamo l'esistenza di una grande personalità, fortemente strutturata e gonfia di ego. Anche certe parti del corpo possono essere piene di ego.

Nella pratica di asana non è il movimento che libera, bensì la qualità della relazione che abbiamo con esso.

 

Lo sforzo da realizzare deve essere il risultato di una totale assenza di intenzione

Scoprirsi capaci di ascoltare per avere la percezione di quello che non siamo è ciò che crea lo stato di yoga e questo stato non si presta ad essere insegnato verbalmente. È ciò che in oriente si chiama l'intuizione di ciò che siamo, in altre parole “sapere di non sapere”.

Nel periodo storico in cui viviamo, caratterizzato da forti individualismo e relativismo, come si concilia tutto questo?

 

Giusto sforzo o forzatura?

Torniamo sul tappetino per distinguere il senso di sforzo da quello di forzatura.

Fisicamente, forzare vuol dire obbligare le strutture fisiche, essenzialmente automatiche, a fare qualche cosa che al momento sono impossibilitate a fare. Vuol dire brutalizzare ogni attività con una volontà personale troppo potente e mal dosata. E ancora una volta, questo nasconde ciò che si è realmente.

Per lo yoga il significato di sforzo attiene più alla nozione di costantza e perseveranza. Vuol dire mettere l'energia, l'entusiasmo e la gentilezza necessari per perseguire un certo obiettivo, cosa che potrebbe richiedere del tempo per la realizzazione.

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Lo studio della nozione di sforzo secondo gli YOGA SUTRA di Patanjali sarà argomento di una futura rubrìca.

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Molte grazie, Silvia Caleffi

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