Un ricordo del Maestro André Van Lysebeth, con profonda gratitudine
AVVERTENZA
Se non avete ancora un cuore di bambino o un'anima di poeta (che forse è la stessa cosa...) passate subito ad altro, perché queste pagine sarebbero per voi semplice carta straccia.
Pensate di poter continuare?
Ascoltate:
"Molto prima che voi nasceste, io esistevo già.
Chi sono? Un isolotto. Si, proprio un isolotto perso in quel vasto oceano che voi chiamate Pacifico, anche se non si meriterebbe sempre tale nome
Descrivermi? Perché mai?
Intanto mi annoia parlare di me e poi, perché voi mi conoscete molto bene.
Io so che nel cuore di tutti gli uomini è impressa l'immagine di un'isola di sogno, proprio quella delle vostre poesie infantili, verso la quale navigano le caravelle e per la quale a volte provate tanta nostalgia e vorreste potervi rifugiare da me, per scappare dalla vostra frenetica civilizzazione.
Mi sono circondato di una collana di corallo, che voi chiamate "recife" che mi protegge da ogni vostra incursione.
Do' da mangiare a un piccolo popolo di uccelli e di animali. Sulle mie spiagge si vengono a distendere le onde e le tartarughe vengono a nascondervi le uova sotto la calda sabbia. Alberi di cocco e palmizi formano la mia verde capigliatura, che il vento dal largo pettina con amore e tutto ciò è irrorato dal sole.
La mia storia comincia qui: cominciamo parlando del passato, volete?
Io dunque ero un isolotto, ma non ero solo; ero circondato da tante isole, tutte uguali.
Non conoscendo il tempo, eravamo molto semplicemente felici di essere. Voi, esseri umani, mancate di immaginazione.
Voi pensate che noi, le isole, siamo delle semplici rocce coperte da un po' di verde e senza cuore.
Aprite gli occhi! Io, io sapevo bene di avere un cuore, soprattutto quando guardavo al largo, un'isola piccolina, la mia preferita.
Quando la brezza mi portava gli effluvi inebrianti dei suoi verdi capelli, il mio cuore batteva forte ed io seppi che l'amavo.
Ridicolo per un'isola, pensate voi.
Ma non si è ridicoli quando si ama o quando si è sinceri?
Ma da quel momento io ho cominciato ad invidiarvi perché io non potevo spostarmi nell'oceano come fate voi. Avrei voluto saper izzare sulla mia collina più alta un grande albero maestro, tenderci delle vele e come una delle vostre fregate, navigare verso la mia piccola isola.
Poi, arrivatole vicino, avrei gettato l'ancora e bruciato le vele per essere sicuro di non allontanarmi mai da lei. Ma invece, purtroppo, non mi potevo muovere.
Vi invidiavo anche il dono della parola.
So che, in generale, voi ne fate un uso penoso. Ma avrei voluto conoscere le vostre parole per esprimere i miei sentimenti.
L'amore rende creativi, ingegnosi ed io trovai il modo di farmi capire. Mi sono ricoperto di fiori, i più rari, i più belli, i più profumati ed ho compreso che avevo conquistato il suo cuore quando la vidi ricoprirsi anche lei di di fiori multicolori, ancora più belli dei miei.
E fu una grande gioia, che presto si trasformò in un grande dolore.
E questo successe quando realizzai che lei sarebbe stata sempre inaccessibile e che noi saremmo stati separati per l'eternità. Essere separati per sempre da chi si ama: potete immaginare amarezza più grande?
In quel momento rimpiansi il tempo passato, quando ancora non sapevo di avere un cuore. Com'era semplice allora la vita. Ora non provavo più piacere a seguire i giochi dei pesci nell'acqua blu e l'avvenire mi appariva buio, oscuro...
CATASTROFE
E' successo allora.
All'inizio non fu che una vibrazione che mi attraversò tutto come un brivido, come quando si ha la febbre. Ho sentito fremere gli alberi di cocco ed i palmizi. Gli uccelli smisero di cantare. Poi più niente. Il silenzio. Sentire la terra tremare un po' di più o un po' di meno non ci impressionava perché noi ci trovavamo in quella che voi chiamate la Terra del Fuoco dove la terra trema tutti i giorni. Ma quel giorno ebbe uno strano presentimento: sentii che la faccenda era più seria. Gli animali, anche loro, erano inquieti.
Non c'era un alito di vento, ma quella calma era lontana dal rassicurarci. Quando vidi che i pesci abbandonavano le loro tane e scappavano al largo con grandi pinnate, confesso che ebbi paura.
All'improvviso successe il cataclisma. Una scossa dopo l'altra, mi sono sentito scuotere, sollevare e ricadere mentre un boato sotterraneo risaliva in superficie. La forza della speranza è tale in noi come in voi esseri umani, che in un primo momento ha creduto di riconoscere l'aiuto di una divinità che stava cercando di farmi avvicinare alla mia amata.
Il cielo stava rispondendo al mio appello... voleva riunirci! Sentivo che una forza cieca e misteriosa, mi stava spingendo.
Gli stessi marosi venivano scrollati. Onde immense si infrangevano, ma io mi sentivo sollevare al di là dei flutti. Atterrato, l'oceano stesso si aprì e per la prima volta io intravidi, i coralli, le rocce della mia base. Vidi anche la melma e non mi piacque. Ma non ebbi il tempo di pensarci. Mi voltai a guardare la mia anima e la vidi sollevata, così come tutte le altre. Era l'Apocalisse? Là in alto nell'azzurro il sole, unico testimone del dramma, guardava impassibile lo svolgersi della catastrofe: ne aveva viste altre!
Improvvisamente mi accorsi che i flutti si erano ritirati e non ce n'erano più tra di noi e notai che tutti e due sorgevano dalla stessa roccia, dal fondo stesso dell'oceano, noi eravamo uniti ma senza saperlo, lo eravamo sempre stati. Le convulsioni della crosta terrestre continuarono per tutto l giorno.
Venne la notte. Non vidi più nulla, ma sentivo che dentro di me e attorno a me tutto tutto continuava a muoversi. Infine, le scosse diminuirono. Gli alberi cessarono di fremere, ma gli uccelli continuavano a tacere. Erano scappati? Poi ho creduto di sentire un assestamento. Un fruscio nell'ombra e sentii i flussi ricoprire di nuovo la mia base e ritrovare il loro livello naturale. Tutto stava rientrando nell'ordine?
Quella notte non dormii affatto. Ero impaziente di veder spuntare il giorno per scorgere la mia amata. Sarebbe stata vicino a me, ora?
Si levò il sole, ma dove ancora ieri si trovava la mia amata, non c'era più niente, nemmeno una rovina, soltanto l'oceano eterno. Era stata inghiottita dalle onde che ora, indifferenti, avanzavano e defluivano spumeggiando. Qualcosa dentro di me si ruppe. Di nuovo invidiai voi, esseri umani, perché avrei voluto avere occhi per piangere, questo mi avrebbe aiutato, avrei potuto sentirmi sollevato.
Poi in un lampo ho rivisto il cataclisma, ho rivisto le onde aprirsi, ho sentito nel mio spirito il fondo dell'oceano ed ho compreso, questa volta definitivamente, che noi non eravamo mai stati qualcuno e che i flutti che ci separavano erano un velo che ci nascondeva questa unità profonda.
Ed ora che l'oceano l'aveva ricoperta, io la sentivo in me più che mai.
Noi eravamo uno, ma ignoranti come eravamo, avevamo immaginato di essere separati.
E' così che ho ritrovato la pace. Lo stesso cataclisma che si era ingoiato la mia amata aveva fatto sorgere delle nuove isole. Esse erano nude, senza vegetazione, ma io le amavo lo stesso: non eravamo usciti tutti dalla stessa roccia? La catastrofe mi aveva ferito e mi sentivo solcato da profonde spaccature.
Tanto tempo è passato. Le mie piaghe si sono cicatrizzate; dove la terra si era aperta, fiorisce la macchia. Gli uccelli hanno ricostruito il loro nido. Ora le nuove isole sono verdeggianti. La vita continua.
Un giorno senza dubbio gli uomini sbarcheranno sulle mie spiagge; mi crederanno una roccia morta, non sapranno che io ho compreso i segreti della vita, dell'amore e della morte. Io li guarderò soffrire. Non potrò aiutarli perché non potrebbero comprendere. Chi sarebbe così folle da recepire il messaggio dell'isolotto che sono io?
Ma a voi, che mi avete ascoltato fino alla fine, auguro che possiate comprendere ciò che io stesso ho compreso senza che una catastrofe vi costringa.
Forse a mia volta, verrò anch'io inghiottito da un altro cataclisma?
Allora io lascerò che le onde blu mi ricoprano, sapendo che nulla scompare e che da sempre tutto è UNO.
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Con profonda gratitudine e molte grazie
Silvia Caleffi